la storia di ponte san giovanni

il dopoguerra

Con l’arrivo degli alleati e finita la guerra la gente cominciò a tornare a Ponte San Giovanni e a ricominciare a vivere. Il parroco di Pieve di Campo, don David Cancellotti, che non aveva mai lasciato la sua chiesa anche durante i bombardamenti, aiutò moltissimo i suoi concittadini, come fu fondamentale l’impegno di Aldo Capitini che fondò i Centri di orientamento sociale attivi anche a Ponte San Giovanni.

I danni causati dalla guerra erano ingenti e si convenne sulla necessità di creare un piano urbanistico che regolasse la ricostruzione e lo sviluppo urbano della zona. Così tra il 1945 e il 1946 venne elaborato dal Comune di Perugia un piano regolatore che già proponeva l’autonomia funzionale di Ponte San Giovanni rispetto alla vicina città, anche se negli anni a venire si rivelò inadatto per le reali potenzialità della zona. 

Così nel 1962 venne redatto un nuovo piano che sarebbe diventato poi il vero piano regolatore comunale generale, che assegnava a Ponte San Giovanni una vasta e non precisata possibilità di espansione delle attività industriali. Fino alla realizzazione di questo nuovo piano urbanistico, gli edifici che sorgevano in modo disordinato a Ponte San Giovanni erano per lo più il frutto di iniziative private locali. Negli anni ‘70 lo sviluppo seguì le linee del piano regolatore del 1974 che faceva di Ponte San Giovanni un quartiere, una periferia della “città”, e l’iniziativa privata non veniva troppo vincolata dai piani di lottizzazione. Venne progettato così, nel 1979, il piano proposta di un centro città a Ponte San Giovanni, stimolato dai crescenti fabbisogni del quartiere che prevedeva la realizzazione di nuove strutture scolastiche, religiose, una piscina, una piazza e molte aree verdi. Nonostante alcune delle opere proposte negli anni a venire divenivano realtà, l’urbanizzazione di Ponte San Giovanni cresceva in maniera indisciplinata, coprendo e saturando le aree residue tra la superstrada e le ferrovie e la collina di Montevile e Pieve di Campo. Mentre dunque Perugia limitava la sua espansione edilizio-residenziale, Ponte San Giovanni accentuava il suo ruolo di periferia urbana, rispondendo alle esigenze residenziali della zona.

Di pari passo rispetto allo sviluppo urbanistico, si deve anche tener presente la crescita demografica di Ponte San Giovanni che va dai 3876 abitanti del 1911, ai 4792 del 1936. Il censimento del 1951 (3647) Tra il 1951 e il 1981 gli abitanti di Ponte San Giovanni aumentavano nella stessa misura in cui gli abitanti delle campagne diminuivano e si avevano 5636 abitanti nel 1961, 8218 nel 1971 e 10.143 abitanti nel 1981 di cui 9404 solo nel centro abitato a testimonianza del fenomeno di migrazione dalle campagne verso le città. Oggi a Ponte San Giovanni si contano 13.300 abitanti.

Nella foto com’era la zona dei giardinetti, con il CVA, la nuova Chiesa e i primi palazzi.

il presente e il futuro