la storia di ponte san giovanni
PONTE SAN GIOVANNI NELL’OTTOCENTO
Nell’ottocento Ponte San Giovanni era molto diverso da quello che conosciamo oggi, era infatti composto da un piccolo e pittoresco gruppo di vecchie case e palazzotti lungo i bordi dell’unica strada chiamata Via dei Loggi. L’abitato iniziava dal ponte, sulla destra del fiume Tevere, dove due piccoli edifici, un tempo i “posti” per i gabellieri, parevan vigilare l’ingresso al ponte stesso verso la strada di Roma. (Nella foto veduta aerea dell’abitato scattata prima dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Si può norate il molino, il ponte vecchio, quello della ferrovia e via Ponte Vecchio – foto Archivio Giordano Giorgetti).
Sempre sulla destra del Tevere, vicino all’imbocco del ponte, sorgeva il vecchio molino della Congregazione della Cartià di Perugia con la sua enorme e rumorosa ruota a palette a caduta d’acqua che serviva per la macinazione di grano. C’era poi la piazza della chiesa, ricostruita nel tardo settecento sulle rovine di una più antica chiesa medioevale dove poi nei giorni nostri venne eretto anche il campanile distrutto anch’esso durante la seconda Guerra Mondiale.
Vicino alla chiesa c’era poi un grande edificio con un portico a cinque arcate detto “le logge”, che dava appunto il nome alla via, Via dei Loggi. Sotto al portico c’era l’unica osteria del paese, con forno, macelleria e stallaggio, rimessa per carri e carrozze e alloggi per i viaggiatori, un servizio completo insomma per i viandanti e i trasportatori di merci diretti a Foligno e Roma. Lo stesso edificio pare che nel periodo di San Francesco, fosse un ospedale ospizio di pellegrini e che Francesco vi avesse sostato nei suoi frequenti viaggi da Assisi a Perugia.
Il paese si estendeva poi con alcuni fabbricati di proprietà della famiglia Angeletti, che giungevano sino ad una piccola piazza detta del Pozzo, per la presenza di un pozzo che riforniva di acqua potabile tutto il paese. Sul lato destro di via dei Loggi c’erano invece le abitazioni di altre famiglie del paese, i Veneziani, i Gregori, i Gigliarelli e anche il più antico forno del paese fondato nel 1815. Più avanti si trovava il palazzo Bolli e di fronte quello della famiglia Forlini con la farmacia. Questo era sostanzialmente il nucleo centrale di Ponte San Giovanni, c’era poi lungo la strada che andava verso Perugia una vecchia costruzione che fungeva da uffcio postale e l’edificio della famiglia Pascoletti che si occupava di Legname e in particolare delle traverse della ferrovia. Ancora più avanti c’erano le case dei Lemmi, dediti all’industria della distillazione e poi le case della famiglia Palazzetti, i primi albergatori di Ponte San Giovanni. Così terminava, in meno di un chilometro, l’abitato di Ponte San Giovanni, illuminato da sole due lanterne a petrolio rimaste attive fino al 1886.
Fino a tutto l’800 il Tevere era navigabile e con le chiodare, larghe zattere formate da tronchi d’albero, si poteva raggiungere da Ponte San Giovanni anche Roma data l’assenza da qui in poi di chiuse (sbarramenti creati per alimentare i molini). A Ponte San Giovanni cominciava quello che lo studioso Leone Pascoli, nel 1740, definiva “il Tevere navigato e navigabile”; era infatti ubicato in questa zona un porto fluviale attivo fin dall’epoca etrusca. Certamente da qui dovevano partire le “chiodare”, grandi zattere delle quali si ha ancora notizia nell’Ottocento, che conducevano le derrate alimentari fino al romano porto di Ripetta.
, mentre la seconda è una veduta aerea dell’abitato scattata prima dei bombardamenti della seconda guerra mondiale. Si può norate il molino, il ponte vecchio, quello della ferrovia e via Ponte Vecchio (foto Archivio Giordano Giorgetti)